L'importanza di poter essere se stessi
Zio Frank è una pellicola americana del 2020 ambientata negli anni '70 che a me è piaciuta molto, anche se, da cinefila, avrei preferito vederla al cinema.
E' una storia sull'autodeterminazione, sul superamento dei pregiudizi di genere e sessuali, sulla libertà di poter fare le proprie scelte, sull'iniziazione sentimentale della protagonista, sul bisogno di accettazione che abbiamo tutti quanti.
E' molto delicato, mai scontato e banale nell'affrontare temi delicati come quello dell'omosessualità di Frank che è duramente osteggiata dal padre e taciuta alla gran parte della famiglia.
Il regista riesce a giostrarsi bene, senza scivolare negli stereotipi, fra registri diversi, che vanno dal dramma familiare, alla commedia, al road movie con una delicatezza e a tratti una leggerezza, ma al tempo stesso anche una profondità ed una sensibilità non comuni.
Forse dovuti anche al fatto che tali temi risuonano molto al regista che mette in scena, con coraggio e onestà, la sua storia di vita.
La diciasettenne Beth, (ritratta nella foto), a cui non piace il proprio nome perchè è troppo da signora, si sente come una sorta di mosca bianca, sia all'interno della propria famiglia tradizionalista ed ultraconservatrice che vive in una piccola cittadina della Carolina, sia nei confronti delle coetanee.
E' appassionata di lettura e quelle poche volte che riesce a vedere lo zio Frank, un professore di letteratura che vive a New York e che ha un rapporto molto conflittuale con il proprio padre, si illumina, ne è affascinata, quasi rapita: vede in lui una figura quasi mitica a cui aspirare perchè molto diversa dalle persone che conosce e frequenta, che le stanno strette.
Centrale è una scena di dialogo fra zio e nipote in cui lui le dice una frase che è un inno all'autorealizzazione, al processo di individuazione, per dirla alla Jung: “Sarai la persona che tu decidi di essere o quella che tutti gli altri ti dicono di essere? La scelta spetta a te, soltanto a te”.
E' come se, grazie a quelle parole, Beth avesse una sorta di illuminazione, sentendosi anche legittimata per la prima volta ad interrogarsi su quali siano le sue reali aspirazioni di giovane donna e di persona. Deciderà infatti di andare a studiare nella tentacolare New York trasferendosi là ed iniziare una nuova vita.
Beth non sa niente di suo zio, non sa che è omosessuale e che vive da anni con un uomo perchè, quando va a trovarlo a New York con i suoi genitori, si fa trovare a casa con una donna, che racconta essere la sua compagna, ma che è invece soltanto un'amica.
A New York conoscerà un ragazzo, avrà modo di conoscere meglio suo zio e il suo compagno che l'accoglierà come una figlia.
In seguito alla comunicazione di una notizia drammatica (che non rivelo), i due decideranno di partire in auto da New York per raggiungere la famiglia in Carolina e, attraverso questo viaggio, impareranno a conoscersi meglio.
Beth scoprirà che lo zio, che aveva così mitizzato, ha un vissuto molto drammatico alle spalle ma riuscirà stavolta lei, giovane ed inesperta, ad incoraggiarlo ad essere finalmente se stesso, al di là degli stereotipi, e ad amarlo ancora di più, grazie anche alle sue fragilità e vulnerabilità.
Un percorso intenso, di crescita interiore, come spesso i road movie sono, a partire dal mitico Thelma and Louise.
Il finale di Zio Frank è commovente ed emozionate ed è difficile trattenere le lacrime.
Ma perchè mai poi bisogna trattenerle?
Sicuramente l'identità di genere è una parte difficile da affrontare, mi viene da dire al di là del genere di appartenenza e non. Forse richiede un grado di consapevolezza e autenticità che nell'essere se stessi va oltre la semplice sincerità. Può trattarsi di un percorso molto doloroso e impervio e non sempre è facile riuscire ad accettare le reazioni delle persone per noi significative.
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