Un modo diverso di guardare le fotografie

 


                                                 Robert Doisneau   Parigi, 1950


Chi non ha mai visto questa celebre foto? 
Ritrae due giovani che si baciano mentre la vita scorre attorno a loro: un signore col basco, piuttosto austero, una giovane donna ed una figura maschile con cappello tagliata a metà che camminano, dall'altra parte un uomo che avanza in senso opposto, di spalle, un uomo seduto ad un tavolino, sullo sfondo automobili in movimento e in lontananza l'Hotel de Ville. 
Siamo a Parigi nel 1950 e questa è una composizione artistica in cui nessun dettaglio è lasciato al caso.
La vera storia di questa foto infatti rivela che Doisneau, che stava girando per la Ville Lumière in cerca di ispirazione, vide i due giovani baciarsi in un bar e chiese loro di replicare il gesto posando per lui, con questo sfondo. 
Questa foto, che è tecnicamente perfetta, è un ritratto dell'epoca, il cristallizzarsi di una vita che pulsa tutt'attorno ai protagonisti che sono diventati immortali, senza tempo, grazie a questa fotografia così riprodotta, diventata iconica. 
I ragazzi che si baciano sembrano fermi mentre quasi tutt'attorno a loro è in movimento ma l'dea che trasmette è che in realtà tutto sia in movimento, in sinergia perfetto. 
Ogni elemento è importante e dà senso allo scatto. 
Se la volessimo "studiare" attraverso un'ottica più psicologica, ci potremmo chiedere, per esempio, chi potrebbe essere ogni singola persona ritratta, dove starà andando, da quale luogo potrebbe arrivare, a cosa avrà pensato mentre veniva fotografata, se tornerà alla propria vita dopo lo scatto, che tipo di rapporto c'è fra i due ragazzi. 
Immaginando e creando storie, anche fantasiose, "giocando" con l'immagine.  
Oppure focalizzarci su che cosa noi pensiamo, sentiamo, viviamo nel guardare questa fotografia. Fantastichiamo? Tendiamo ad identificarci con qualcuno in particolare? 
E' una foto che ci piace, ci attira come una calamita, oppure ci lascia indifferenti, o addirittura ci infastidisce? 
Sono infinite le varianti e le storie che potremmo far vivere ai soggetti immortalati.    
Mentre guardiamo una foto, di qualsiasi soggetto sia, potremmo provare a cercare di fermarci un attimo, per contemplare l'immagine, lasciando che ci parli, lasciandoci catturare da quello che ci può dire, dalle nostre sensazioni, dai nostri pensieri che fluttueranno in libertà. 
Si tratta di avere un approccio contemplativo, proprio come accade quando ci fermiamo davanti ad un quadro che ci colpisce, che ci piace e da cui magari veniamo rapiti o che, al contrario, ci allontana emotivamente.
Questo modo di guardare ed osservare le fotografie, diverso a quello a cui siamo abituati, è solo un parte di quello che si può fare attraverso l'utilizzo delle foto nella fototerapia. 
Essa è una pratica psicoterapeutica che utilizza le fotografie, che può fornire sia il paziente (autoritratti, foto da lui raccolte, o scattate da altri, album della propria famiglia) od il terapeuta (foto di vari soggetti che fungono da stimolo), allo scopo di promuovere il processo di riflessione, di conoscenza di sé e di esplorazione dei propri vissuti. 
Secondo Judy Weiser, una psicologa e arte-terapeuta canadese che è considerata la maggior esperta di fototerapia, “le fotografie sono impronte della nostra mente, specchio delle nostre vite, immagini riflesse dei nostri cuori, memorie congelate che noi possiamo tenere nelle nostre mani in un momento di calma silenziosa, se lo vogliamo, per sempre."
Le fotografie quindi possono fungere da mediatore che, da stimolo apparentemente neutro, si carica di significato per chi le osserva, proprio come un'opera d'arte che prende vita, suscitando emozioni, sensazioni, vissuti propri, connettendo mente e corpo. 



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