Il materiale emotivo al cinema
Dentro questa interessante definizione c'è già tutto: in altre parole il materiale emotivo sarebbe la nostra parte più oscura che al cinema, che non a caso il regista paragona all'inconscio, può essere messa in scena.
Questa è sicuramente una delle ragioni per cui il cinema, che, per fortuna, resiste al tempo non perdendo fascino, fin dai suoi albori, continui ad ammaliarci, ad affascinarci, a meravigliarci, a terrorizzarci, a farci ridere, sorridere, riflettere e fondamentalmente a farci sognare. Anche se si tratta di un sogno ad occhi aperti. Ma il cinema, appunto, è Sogno.
E qui torniamo appunto al parallelismo fra cinema ed inconscio che Castellitto ha citato, cogliendo nel segno.
Il protagonista del film è un libraio appassionato del suo lavoro, separato, che vive in una casa a due piani a Parigi con la figlia (interpretata dall'intensa Matilda De Angelis), rimasta paralizzata e traumatizzata, in giovane età, a seguito di un incidente e che si esprime solo attraverso una sorta di sciopero della parola. Figlia di cui si occupa con estrema dedizione, forse per far pace con il senso di colpa per non essersene occupato molto prima dell'incidente.
Un microcosmo, il loro, fatto di rituali, di abitudini, di letture condivise, di incontri, di visite alla figlia da parte del dottore e della colf, che amorevolmente se ne prendono cura.
Ma soprattutto fatto di sguardi verso un altrove.
Dov'è questo altrove? Per la figlia, che volge spesso il proprio sguardo fuori dalla finestra, (facendoci immediatamente venire voglia di essere lì per godere di quella meravigliosa vista sulla città) è uno sguardo incantato in cerca di un qualcosa che possa magicamente accadere ma che, quando è a letto, è invece volto spesso a rivivere l'incidente, fisso al passato, all'evento che ha segnato la sua vita e che non le permette di andare oltre, se non con la fantasia.
In questo si rivela la potenza e la drammaticità del trauma che stravolge le nostre vite inaspettatamente e che spesso purtroppo non ci permette di vivere il nostro presente e di immaginare il nostro futuro perchè esiste solo il passato, che irrompe prepotentemente.
Per il padre, invece, è uno sguardo più disilluso, anche più amaro forse, che osserva fuori dal negozio mentre si fuma l'ultima sigaretta prima di ritirarsi alla fine della giornata.
Non aspettandosi niente, inaspettatamente, il libraio un giorno di pioggia incontra proprio lo sguardo di una donna, un'attrice che lavora nel vicinissimo teatro, che irrompe nella sua vita come una sorta di tsunami, con la sua vitalità, le sue stramberie, la sua intraprendenza.
E' molto interessante che l'attrice riveli al protagonista di essere proprio a caccia di materiale emotivo per prendere spunti per un soggetto teatrale e che parte dell'intervista, strappata al libraio quasi contro la sua volontà, diventerà poi oggetto della rappresentazione teatrale a cui nel finale del film non assistiamo ma di cui udiamo solo qualche stralcio.
I due, quindi, si rivelano l'uno all'altro, raccontandosi con delicatezza e qualche pudore e anche la figlia verrà coinvolta, suo malgrado, ma allo stesso incuriosita, da questo incontro che cambierà la vita di tutti e tre.
Non voglio rivelare niente del proseguo della storia, per non togliere la sorpresa allo spettatore che voglia godere della visione di questo gioiellino, ma è importante, dal punto di vista psicologico, il fatto che il padre, permettendosi di aprirsi all'esterno, uscendo dal suo mondo routinario, innamorandosi di una donna così diversa da lui e che non ama neanche leggere, potrà permettere alla figlia di uscire finalmente dal suo bozzolo e aprirsi anche lei al mondo, volgendo il proprio sguardo finalmente verso il futuro. Verso la vita reale.
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